Le bollicine di montagna sono un chiaro riferimento al Trento Doc, vino che è stato importante protagonista nell’ultima edizione di Identità Golose sia nel salotto di Wine Hunter, evento ideato da Helmuth Köcher, il grande enologo che ha guidato la degustazione intitolata: “Trentodoc: Bollicine di Montagna, dal non dosato al rosato” ; che nella lounge del Pastificio Felicetti, proponendosi in abbinamento ai piatti degli chef ospitati nella “Tre Giorni” e al Monograno Diner: 30 in tutto le etichette.
La storia di queste bollicine inizia nei primi anni del ‘900 con Giulio Ferrari, studente all’Imperial Regia Scuola Agraria di San Michele, che dopo numerosi viaggi-studio in Francia, di rientro a Trento e per primo, nel cuore della città, crea la sua produzione di metodo classico: piccola, ma di elevata qualità.
Nel 1993 arriva la Denominazione di Origine Controllata “Trento”
Trentodoc oggi unisce 45 produttori, è una realtà in costante crescita con diverse sfumature di ogni casa che aggiunge una personalità e una filosofia propria.
La ricetta insieme alla passione è questa:
Le viti adatte a diventare Trentodoc, prevalentemente coltivate a pergola trentina, crescono ad altitudini comprese tra i 200 e gli 800 metri, con un clima caratterizzato da notevoli escursioni termiche fra giorno e notte; viti e uva che una volta diventate vino, gli conferiscono come tratti distintivi eleganza, freschezza e persistenza. Le uve dalle quali si ottiene sono Chardonnay, il Pinot nero, il Pinot bianco e Pinot meunier. La vendemmia è svolta manualmente e il “vino base” è affidato a una lenta maturazione in bottiglia, che varia da un minimo di 15 mesi a un minimo di 36 per la riserva ma arriva fino a 10 anni sui lieviti per i Trentodoc più raffinati ed evoluti. Il marchio collettivo Trentodoc, con le due “O” contenute nel marchio, vogliono simboleggiare il gesto del “remuage”, tipico del metodo classico.
Tutto a significare che non dobbiamo invidiare i francesi e il loro champagne?